Può un esperimento sulla mente indurre la pazzia e al contempo far vedere il Grande Dio Pan?

Il Grande Dio Pan (originale The Great God Pan) fu scritta dal gallese Arthur Machen e appartiene al filone delle storie horror.

Pubblicato nel 1890 sulla rivista The Whirlwind, quattro anni dopo Machen realizzò una versione estesa. Lo stile decadente del testo generò critiche stilistiche, anche per alcuni contenuti di natura sessuale, ma non ciò non ne impedì l’inserimento ufficiale tra i classici delle storie horror.

Il dottor Raymond, scienziato gallese, fa esperimenti sulla mente della giovane Mary, permettendole di vedere il dio Pan, ma l’esperimento fallisce conducendo la giovane a vivere il terrore assoluto che la condurrà alla pazzia.

Anni dopo, a Londra, un uomo chiamato Villiers incontra Herbert, un suo amico del passato e gli racconta che la moglie Helen Vaughan lo ha rovinato, perché la donna lo ha corrotto, corpo e anima, divenendo un vagabondo.

Herbert muore e le indagini rivelano che Herbert e sua moglie erano stati coinvolti nella morte di un gentiluomo.

Villiers inizia ad investigare sul passato di Helen e scopre che fin da piccola trascorreva molte ore nei boschi attorno a casa sua, con altri bambini, per fare lunghe passeggiate al crepuscolo, recando disturbo ai genitori della cittadina.

Un giorno, un ragazzino che aveva interagito con lei, trovato a “giocare sull’erba con un bizzarro uomo nudo, viene colto dall’isteria, e poco dopo dalla pazzia, nel momento in cui si trova a vedere una statua romana di un satiro.

Una sua amica sparisce nei boschi, viene coinvolta in orge e poi abbandona Londra. Vi ritorna anni dopo sotto pseudonimo, e col suo ritorno si verificano vari suicidi.

Questa, come altre storie horror, si ricollega al mito, a quel dio Pan e al risvolto psicologico che gli è stato attribuito, il timor panico. La trasformazione tra umano e bestiale, ci racconta in questo racconto dell’orrore come “la pelle, la carne, i muscoli, le ossa e la struttura solida del corpo umano che avevo pensato fossero immutabili e permanenti, come irremovibili, cominciarono a sciogliersi e dissolversi […] avrei dovuto rifiutarmi di credere a quello che vedevo, perché qui c’era una forza interna, di cui non sapevo nulla, che causava dissoluzione e cambiamento […] vidi il corpo scendere verso le bestie da cui era salito e ciò che era in altro scendeva fino in fondo, fino all’abisso di tutto l’essere: il principio della vita, che rende l’organismo, rimase sempre presente, mentre la forma esteriore cambiava.”

Howard Phillips Lovecraft nel suo scritto critico Supernatural Horror in Literature del 1926, ne fece un elogio, al punto da trarne ispirazione per una delle sue storie horror più famose: L’orrore di Dunwich.

Anche Peter Straub vi si ispirò nella stesura di Ghost Story.

Stephen King, il maestro delle storie horror contemporanee, lo ha descritto come “una delle più importanti storie dell’orrore mai scritte. Forse la migliore in inglese.”

Genere: horror
Edito: (vari editori); prima edizione estesa (1894)
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di Simone Colaiacomo

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