Il realismo magico genera sempre dinamiche emotive molto forti in chi legge.
Così Pietro Nicolaucich dà forma alle sue Furie, attraverso un gioco di scatole cinesi che contengono storie nelle storie.
Ascoltiamo cosa ci racconta l’autore sul suo romanzo Tutte le Furie.
S.C.: Buongiorno Pietro, come prima domanda vorrei chiederti come è nata in te la passione per la scrittura.
P.N.: È nata quasi contemporaneamente su due fronti nel 1994 (tra la quinta elementare e la prima media), quando mi appassionai di rap e di fumetti. Immediatamente cominciai ad approcciarmi a entrambe le cose: nel tempo il rap divenne la scrittura in versi e il fumetto divenne la scrittura in prosa.
Due approcci differenti che utilizzo per scrivere cose molto diverse: con la prima mi libero da me stesso, con la seconda racconto storie.
S.C: Sei un illustratore che collabora con marchi anche prestigiosi, ma desideri affermarti come scrittore. A mio parere hai tutte le carte in tavola e i lettori possono apprezzare la tua arte dello scrivere già in Tutte le Furie. Quanto l’illustrazione secondo te può essere preziosa per arricchire un libro di narrativa?
È una cosa che sento, che misuro sul senso di piacere che la scrittura mi provoca, ma di letteratura non vivo purtroppo, quindi l’illustrazione continua a occupare la maggior parte del mio tempo.
L’illustrazione è fondamentale se parliamo di narrativa per l’infanzia, mentre in genere nella narrativa per adulti non è che un orpello.
È vero che può “arricchire” un libro di narrativa dal punto di vista estetico, rendendolo anche un prodotto più raffinato e appetibile (penso soprattutto a edizioni di lusso o alle tante, troppe edizioni che continuano a uscire sugli scritti di Lovecraft, create solo con il scopo di lucrare sull’ossessione dei collezionisti), ma è anche vero che si corre sempre il rischio che l’illustrazione si inserisca tra il lettore e la sua immaginazione, privandolo del gusto di visualizzare mentalmente le immagini raccontate nel libro secondo il proprio gusto inconscio.
Per questo in Tutte le Furie le illustrazioni hanno una funzione narrativa vera e propria, invece che limitarsi alla solita funzione didascalica. Se invece parliamo di narrativa a fumetti, ecco che allora le illustrazioni tornano a essere la cosa più importante.
S.C.: Tutte le Furie è un libro nel libro. Diversi racconti incastonati in un romanzo. Le vite di molti personaggi che servono a dar senso, per il lettore, alla vita dei due personaggi principali di cui narri la vita.
P.N.: Devo dire di no. È venuto tutto da sé. Questa è una cosa che mi accade sempre ed è proprio ciò di cui parlavo prima, quando ho menzionato il piacere che la scrittura mi provoca: quando scrivo, le idee si incasellano da sole in una tale perfezione che sorprende me per primo, e questa cosa mi regala sempre un certo brivido di soddisfazione.
A volte ho l’impressione che quelle storie siano già lì, in attesa, e che io sia il fortunato individuo che è stato predestinato per riuscire a scorgerle e trasformarle in prosa.
Penso che l’intuizione non sia che questo: la capacità di saper scovare e afferrare le storie che fluttuano invisibili nell’etere.
S.C.: Se dovessi descrivere il tuo libro con 3 aggettivi, quali useresti?
S.C.: Interessante sintesi. Questi racconti narrano della Ciclicità della vita, ma anche del Fato e del Tempo. Come è nata l’idea che affonda le sue radici in pensieri filosofici piuttosto antichi?
P.N.: È nata, come sempre, per caso. È partito tutto da un racconto, cui ne è seguito un altro e così via.
Alla fine mi sono reso conto che tutti quei racconti avevano delle cose in comune: la ciclicità, la morte, il fatalismo e l’ossessione.
Così ho capito che non erano soltanto dei racconti, ma appartenevano a qualcosa di più ampio che prescindeva da me.
Da lì a decidere di inserirli in una storia orizzontale che li contenesse tutti, il passo è stato breve e naturale.
S.C.: C’è un racconto che ti affascina particolarmente e del quale ogni volta dici: “Caspita! Ho scritto una cosa veramente incredibile!”
S.C.: La narrativa deve essere di compagnia, ma a mio avviso deve anche raccogliere dei significati e dei messaggi da trasmettere. Cosa contiene Tutte le Furie?
P.N.: Come dicevo prima, la maggior parte dei “significati” e dei “messaggi” importanti io li veicolo attraverso la scrittura in versi, mentre quando mi occupo di narrativa, mi limito a cercare di fare del buon intrattenimento.
Forse i significati e i messaggi di Tutte le Furie risiedono proprio in questo: nell’assoluta necessità che abbiamo noi esseri umani di trovare del buon intrattenimento per sentirci appagati.
“Toglietemi tutto tranne il superfluo”, diceva Oscar Wilde… niente di più vero per chi ritiene che l’intrattenimento sia qualcosa di superfluo.
S.C.: In ogni persona c’è un lato “buono” e uno “cattivo”, passami il termine. Potrei dire, in caso, i volti delle persone possono essere molteplici, avere sfumature talvolta anche estreme. Quali volti hanno i tuoi due protagonisti?
P.N.: Hanno un unico volto, quello dell’ossessione.
S.C.: Rileggi il tuo Tutte le Furie tra 20 anni…
S.C.: A cosa stai lavorando al momento?
S.C.: Grazie per questa intervista e per il viaggio che ci hai fatto fare nella circolarità della vita di Tutte le Furie!
P.N.: Grazie a te per aver fatto in modo che Tutte le Furie vedesse la luce dopo quasi dieci anni dalla sua stesura.
Intervista di Simone Colaiacomo
Prendi la tua copia di Tutte le Furie!
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Buona lettura dal blog Horti di Giano!