In questo nuovo appuntamento con l’autore, Giovanni Galasso intervista lo scrittore ed editore Simone Colaiacomo.

Un viaggio tra Arte e Bellezza, in un estetismo crepuscolare che appartiene alla sua dimensione letteraria.

G.G.: Buongiorno Simone Colaiacomo. Innanzitutto complimenti per le tue molteplici attività, che so che non sono limitate solo alla scrittura. Prima di passare al tuo ultimo romanzo, visto che sei un artista che si mette alla prova in più ambiti, quali collegamenti trovi, per la tua produzione personale, tra la musica e la letteratura?

S.C.: Buongiorno a te, Giovanni! Ti ringrazio per i complimenti, cerco di coltivare le mie passioni a 360° per non perdere neanche il superfluo. Musica e letteratura sono due universi artistici dei quali non posso fare a meno, dal momento che hanno arricchito le mie emozioni sin dalla giovane età. A otto anni ho messo mano sul pianoforte di mia sorella e da lì ha preso forma l’improvvisazione. L’amore per i libri è arrivato poco dopo, scrivevo poesie e riflessioni personali un po’ ovunque all’inizio, su pezzetti di carta, sulle lenzuola – per la gioia di mia madre! -, poi ho preso l’abitudine di riportare tutto su un quadernino che ancora conservo gelosamente. Parlando di collegamenti, per rispondere alla tua domanda, ricerco molto la sonorità delle parole, l’assonanza e il ritmo, tutte caratteristiche centrali nella scrittura di un brano musicale che riporto nei miei libri. Anche la costruzione non deve essere mai scontata, mai banale, sia nella musica che nel romanzo.

G.G.: Nei tuoi romanzi precedenti Roma è stata molto presente. Quanto è importante per te questa città e perché?

S.C.: Roma. Odio e amo questa città. Mio turbamento e mia passione. Fa parte di me e ho spesso bisogno di inglobarla nei miei romanzi, come per renderla partecipe dei momenti che voglio fermare attraverso i miei personaggi. Amo infatti descrivere i luoghi che i protagonisti della storia calpestano. Penso che può essere un modo per far rimanere oltre il tempo il presente della nostra città. Siamo sicuramente nell’era dell’immagine, quindi forse sarebbe più istantaneo realizzare un video o una foto di un luogo, abbiamo il web che mantiene le immagini e le rende disponibili a tutti in qualunque momento. Ma sono tradizionalista per certe cose e avere un libro tra le mani e leggere le emozioni che ha trasmesso quel luogo o quell’altro a chi lo ha visto in un tempo passato e lo ha fermato nonostante lo scorrere di questo, credo non abbia prezzo. L’immagine trattiene se stessa per quello che è, ma il valore di una parola che la può descrivere non ha eguali.

G.G.: La lettura stimola il lettore a crearsi immagini, che invece nel web sono già pronte, e tiene attiva la sua fantasia. Cosa pensi di questa facoltà della mente umana che in un mondo tecnologico sembra atrofizzarsi un po’? O forse la mia è un’affermazione esagerata?

S.C.: Vorrei poterti rispondere che ti sbagli, ma in effetti i libri sono un gran dono per la nostra elasticità mentale, per stimolare il pensiero. Tutto corre ormai e leggere un libro diventa una cosa impegnativa per i più, quindi non lo si fa. Anche il linguaggio è cambiato, abbreviare con un “xché” o un “ki” è diventato normale, come se mettere una o due lettere in più facesse fatica, fosse tempo perso.

E le macchine sostituiranno le persone in molti settori e perderemo il piacere del fare.

Ma voglio sperare che prima o poi potrà esserci un cambio di direzione. Ottimismo!

G.G.: Veniamo all’ultimo romanzo di Simone Colaiacomo. Perché questo titolo? 

S.C.: Dysangelium. Già! Mi è praticamente stato indotto dal Maestro! Di chi sto parlando? Tranquilli, nessuna strana setta o assurdità affini. Parlo del Maestro di cui si parla nel romanzo. Oltre che un fantascientifico post-apocalittico e distopico, per non farci mancare nulla, è anche un romanzo filosofico esistenziale che ingloba il pensiero di Friedrich Nietzsche col suo nichilismo e la “cattiva novella” è descritta in una sua opera. Da qui Dysangelium, per l’appunto.

G.G.: Cosa pensi dei maestri, dei guru del nostro tempo? Mi riferisco alle icone televisive e social in particolare.

S.C.: Se parli di quelli che chiamano “Influencer”, mi preoccupano, perché molti di essi sono punti di riferimento per i giovani, ma hanno la capacità di dare messaggi del livello culturale di un nano da giardino. Non voglio generalizzare, ci saranno anche fra questi personaggi famosi, poche unità che avranno qualcosa da dire, ma leggere un classico, una poesia, ascoltare musica classica o anche cercare di capire un testo di una canzone di un artista vero e non la Trap, potrebbe salvarci dalla decadenza culturale verso cui i giovani sono destinati.

G.G.: Tornando al romanzo, siamo dunque nell’ambito di una letteratura distopica. Come è nata l’idea dello stesso?

S.C.: La distopia è venuta dopo in realtà, nel senso che non ho minimamente pensato allora a questa definizione. Doveva essere un romanzo di avventura, con un missione simil fantasy in un mondo inventato, sicuramente l’Italia era la terra in cui si ambientava, ma doveva essere un mondo diverso, figlio del suo essere, non un futuro o un presente alternativo.

Vengo da un’adolescenza immersa nei giochi di ruolo, prima con Dungeons & Dragons e poi con Warhammer Fantasy e Warhammer 40000.

Quindi l’idea di scrive un libro su quella linea mi affascinava. Poi è rimasto nel cassetto perché quel filone si è esaurito in me e non volevo scrivere qualcosa di scontato e già visto. Fino a un anno fa.

G.G.: Quanto è stata lunga la gestazione del romanzo?

S.C.: L’idea nacque nel lontano 2012 poco prima di iniziare un altro romanzo, Nostra Signora delle Ceneri uscito nel 2017. Poi ho perso lo stimolo a scriverlo, l’ho lasciato un paio di anni nel cassetto, per riprenderlo e provare a proseguirlo, ma non andava. Mi sono dedicato alla scrittura di Nostra Signora delle Ceneri che è il filone letterario che più mi si addice, con omicidi seriali, indagini, Ordini Templari che tramano alle spalle del Vaticano, il tutto si muove su uno sfondo condito di esoterismo, materia che mi ha sempre affascinato sin dal primo libro. Dysangelium è stata, alla fine, una sperimentazione fuori dalle righe e sono contento di averlo scritto perché mi sta dando tanto dal punto di vista emotivo grazie allo scopo sociale che racchiude, volto a sensibilizzare le persone ad avere cura di questo nostro pianeta che stiamo distruggendo. Ho lanciato l’hastag #SalvareLaTerra.

G.G.: Da quello che dici mi pare che tu abbia la capacità di lavorare a più progetti contemporaneamente. Ti è mai capitato che un personaggio che hai pensato per un romanzo sia poi finito in un altro?

S.C.: Bella domanda, fammi pensare… Forse sì, ma poi quel libro non è mai stato pubblicato perché fa parte della lunga catena di romanzi che non ho completato. Doveva stare in Bardos e la stirpe degli Enchil, ma poi l’ho tolto per metterlo nel seguito di quel libro. È un giovane Rasputin e lo tengo ancora in un cassetto. Chissà se prima o poi prenderà vita!

G.G.: Non possiamo negare che il tema affrontato nel romanzo sia assolutamente attuale. Tu che faresti per quel che concerne l’ambiente? E soprattutto, quanto credi possa incidere la letteratura e la cultura in generale sulla sensibilizzazione delle persone?

S.C.: Da un lato sono scettico, dall’altro ottimista. Non ha senso lo so, ma la speranza è l’ultima a morire. La cultura è un mezzo importante, che andrebbe a sua volta tutelato quanto il nostro pianeta. La letteratura è un ramo della cultura che stiamo uccidendo – dico stiamo in quanto membro del genere umano -, perché ci sono più scrittori che lettori, e qui torniamo alla velocità di questa nuova odierna società, in cui l’immagine la fa da padrona.

Mi hai chiesto cosa farei per l’ambiente? Tutti dovremmo fare il nostro.

Se ho in mano una carta da buttare, la getto nel cestino apposito e non dove capita o per terra. La tengo in tasca piuttosto.

Se mi sto lavando o facendo la barba o lavando i denti, non lascio scorrere l’acqua se non serve. Mi sono comprato un’auto GPL, purtroppo l’ibrida non potevo permettermela… altra assurdità di un mercato non pronto. Dovrebbero facilitarne l’acquisto, invece… Quel che posso fare è parlarne attraverso il mio libro. Se solo una persona comprendesse l’importanza di questo messaggio, potrebbe avviarsi una catena positiva. Lo spero. L’economia circolare sarebbe una perfezione a cui puntare.

G.G.: Da dove trae ispirazione Simone Colaiacomo per i personaggi dei suoi romanzi? Ce ne è qualcuno in particolare in questo romanzo che ti rappresenta?

S.C.: I personaggi sono spesso una mia estensione. Qui ve ne sono talmente tanti che sarebbe stata cosa complicata caratterizzarli sulla mia persona. Diciamo che l’anima di Keira Knights ha molto della mia  essenza. Sognatrice, libera, curiosa, indipendente, alla scoperta di se stessa, sempre, e dell’ignoto. Entrare nel proprio profondo e percorrerlo oltre i limiti.

G.G.: Vedo che l’aspetto psicologico dei tuoi personaggi è fondamentale. I tuoi interessi e i tuoi studi in questo ambito quanto influiscono nella caratterizzazione degli stessi?

S.C.: Ho studiato Psicologia, addentrandomi nella Criminologia e nell’universo della psicodiagnostica.

La psiche umana fa la storia di una persona, ne crea il presente, passo dopo passo.

Il profilo di un personaggio determina le sue scelte, dà vita, forma e senso al romanzo.

G.G.: Cosa rappresentano gli Abomini in questo libro?

S.C.: L’Abominio è il lato oscuro di ognuno di noi. In Dysangelium sono stati creati dalla follia umana in maniera involontaria, non certo voluta. Un conflitto atomico ha portato alle mutazioni di alcuni individui rimasti all’aperto che, per qualche mistero genetico, sono mutati e hanno generato una prole. Ed ecco che il tempo e le necessità primarie hanno fatto regredire queste persone divenute creature al limite tra l’animale e il mostro. Aberrazioni. La materializzazione dei nostri peccati durante una possibile fine del mondo.

G.G.: Scenari apocalittici. Proprio in questi giorni i mass media ci stanno proponendo una scenario che in qualche modo ricorda, sia pure alla lontana, quello che accade nel tuo libro. C’è una sorta di psicosi collettiva riguardo a possibili pandemie. Cosa ne pensi?

S.C.: Riconosco l’attualità di questo mio libro, non solo sull’aspetto pandemico, ma anche per i conflitti mondiali possibili tra potenze in possesso di ordigni nucleari. I media forse hanno un po’ esagerato con una comunicazione martellante che ha un potere infinito. C’è chi ha vinto le elezioni in passato grazie ai media. Ma rifiuto la politica, non ne voglio parlare. Era giusto per evidenziarne il potere. Il problema è che siamo umani e ci facciamo condizionare. Arrivi al punto che se cammini per strada cerchi di schivare le persone. Non si sa mai… Ormai è un problema anche stringere una mano. Siamo troppo condizionabili. Forse se evitassero di scrivere titoli catastrofici sui giornali o non ci propinassero h24 trasmissioni su tutti i canali sul coronavirus, magari ci approcceremmo alla situazione in modo più sano.

G.G.: Potrebbe venirti l’idea di scrivere un libro su una pandemia mondiale?

S.C.: In tutta onestà no. Saranno poche settimane che se ne parla e siamo saturi dal bombardamento mediatico a cui siamo condannati. Non voglio mischiarmi a tutto ciò.

G.G.: Il nichilismo, non diciamo di più, è una filosofia presente nel libro. Perché questa scelta? Forse è la tua filosofia di riferimento? O comunque trovi nella stessa degli spunti interessanti?

S.C.: Il tempo col suo scorrere porta al cambiamento. Le persone cambiano. Le situazioni cambiano. I valori anche cambiano. Nel senso che si riadattano. Certe cose dovrebbero rimanere sempre, lo chiede il buon senso, lo chiedono i principi dei diritti umani. Ma altre devono rinnovarsi. Sul piano religioso spesso molti aspetti sono figli del loro tempo. Si devono per forza di cose modernizzare.

Ecco che il nichilismo di Nietzsche, pur teorizzato un secolo e mezzo fa, è moderno più che mai.

G.G.: Qual è il ruolo della filosofia oggi, secondo Simone Colaiacomo?

S.C.: La filosofia non può morire. Ogni persona in una data forma del tutto personale è un filosofo. Ognuno ha i suoi principi, le sue idee e convinzioni. Esco dall’idea classica del filosofo, mi pongo più a un piano terreno e pratico. Vorrei solo che il banale non soppiantasse la spinta al pensare, all’evolversi.

G.G.: Apollineo e dionisiaco dunque sono aspetti contrapposti della realtà. Quanto c’è di Apollo e quanto di Dioniso in te?

S.C.: Uh! Adoro questi due aspetti. Mi ricordano un articolo che scrissi anni fa. Senza dubbio sono nato apollineo, guidato da una razionalità, ma presto mi sono tramutato in dionisiaco, sin da piccolo. O meglio, quando ho saputo scavalcare il modello insegnatomi alla nascita. D’altronde il lato bello della vita sta nel Dioniso che è in noi! Sono alla ricerca continua dell’evoluzione del mio Sé Naturale e l’istinto è un’ottima guida, finché non sbaglia! Ma alla fine c’è in ogni persona sia un lato che l’altro, tutto sta a quanto a uno o all’altro diamo voce.

G.G.: Quali autori, se ci sono, ti ispirano nel tuo lavoro, che potresti considerare dei modelli?

S.C.: Miei modelli sono dai tempi delle superiori i decadenti, in primis Joris-Karl Huysmans, ma anche Oscar Wilde, Gabriele D’Annunzio e poi i poeti maledetti tutti, senza limitazioni. Anche se il genere che scrivo si allontana da questi scrittori, ho cercato almeno di inserire, nei limiti del possibile, l’impatto estetico in alcune descrizioni. Altro filone che ha segnato la mia vita da scrittore è quello gotico: maestri come Howard Phillips Lovecraft, Edgar Allan Poe hanno alimentato la mia immaginazione. Sul piano poetico invece, il lato che riguarda la poesia del profondo che provo a realizzare lo devo a un poeta ai più sconosciuto che considero unico, straordinario: Marino Piazzolla. Le sue poesie, con certe contorsioni viscerali, mi fanno pensare agli scritti di Lovecraft, il che è tutto dire.

G.G.: Molti autori si collegano alla corrente del Decadentismo, in particolare l’Estetismo. Hai una particolare predilezione per questa corrente, e se sì, perché?

S.C.: L’Estetismo è il piacere di realizzare una forma d’Arte che soddisfi se stessa e chi l’ammira o legge, nel nostro caso. Non mi interessa il messaggio politico, voglio regalare, nel mio piccolo, la bellezza. Se parliamo di un romanzo, la scelta di ogni singola parola, detta la magia che ne consegue.

Potrei scrivere: “Quell’alba le parlò come farebbe un amorevole padre coscienzioso con il proprio figlio scapestrato, ora pronto a cambiare”, efficace e diretto, ma io preferirei scrivere: “Quell’alba infiammò la sua coscienza, infondendo nel suo essere di scapestrata un’amorevole saggezza paterna, indicandole la via della rinascita.”

Solo dettagli, forse, ma ogni singola parola gioca un ruolo ben preciso nella formazione di una frase e ogni frase si lega e nutre quella che la precede quanto quella che la segue. Riportiamo l’arte al Parnaso, monte sacro al dio Apollo.  Per dirla alla D’Annunzio: “Egli era per così dire tutto impregnato d’arte. Bisogna fare la propria vita come un’opera d’arte. Bisogna che la vita d’un uomo d’intelletto sia opera di lui”.

G.G.: Come e quando scrive Simone Colaiacomo, qual è la tua giornata tipo? Oppure ci sono dei precisi momenti dell’anno in cui scrivi, perché sei più ispirato?

S.C.: Le mie abitudini da scrittore sono cambiate negli anni. Quando studiavo all’università avevo più tempo libero e passavo a scrivere anche quattro, sei, otto ore al giorno, soprattutto l’estate. Diciamo che l’estate è ancora oggi il periodo in cui posso dedicarmi alla scrittura in modo più coinvolgente. Poi il tempo per scrivere ormai si è ridotto, ma principalmente nell’arco dell’anno prediligo le ore notturne. Sarà il mio lato crepuscolare?

G.G.: Qui viene in mente la corrente dei Crepuscolari, in qualche modo opposta all’Estetismo. Un lato crepuscolare che forse integra oppure contrasta con il tuo lato da esteta?

S.C.: Amo vivere gli estremi. Perché non racchiudere ogni parola in me, incatenarla nel mio essere più oscuro per poi liberarla – arricchita, perché no! – del bello che mi è dato padroneggiare?

G.G.: Tornando alla tua attività, ovviamente gli impegni hanno un peso. Mi pare di capire, nonostante tutti gli impegni che hai, che ci sia una parola che possa descrivere le tue attività: passione. Mi sapresti dare una definizione di questo termine?

S.C.: La passione ci alimenta, è la fiamma che ci tiene in vita. Senza saremmo automi. Può essere in qualsiasi ambito, ognuno ha il proprio, ma fa la differenza per non vivere costretti nella routine; è la svolta tra l’essere e il nulla.

G.G.: Quali sono i tuoi generi di lettura preferiti? Quali autori consiglieresti a una persona che vuole leggere opere simili come argomento al tuo Dysangelium?

S.C.: Forse 1984 di Orwell sarebbe il più adatto, anche se non ha minimamente influenzato il mio. Purtoppo – e vi devo spiegare il mio purtroppo! –, non ho più tanto tempo da dedicare alle mie letture preferite. Da quando faccio l’editor e l’editore, leggo di tutto o quasi, ma la scelta non è più così libera. I generi che adoro e che di rado riesco a leggere sono i racconti del filone horror-fantastico che parlano di licantropi, vampiri (vecchio stampo, non moderni) e creature affini e la letteratura storico esoterica – per far intendere il genere, citando classici conosciuti, L’opera in nero di Marguerite Yourcenar, Il nome della rosa dell’immenso Umberto Eco, qualcosa di Matilde Asensi e tutti i libri di Giulio Leoni nel suo filone di Dante come indagatore.

G.G.: Quali sono i progetti futuri dello scrittore Simone Colaiacomo?

S.C.: Le mie energie le sto dedicando quasi totalmente alla casa editrice. Poter dare agli autori emergenti – che ho la fortuna di incrociare nel mio cammino – la visibilità che meritano è per me la soddisfazione più grande. Tenere in piedi una casa editrice NO EAP non è facile. L’unica entrata viene dalla vendita e come detto prima, si fatica a far leggere gli italiani. Ma non mollo! Le Edizioni Horti di Giano ci sono e invito tutti a leggere le nostre proposte editoriali, sempre interessanti e mai banali.

G.G.: Dunque progetti molto interessanti anche per la tua casa editrice. Quali i motivi che hanno portato alla fondazione di questa casa editrice?

S.C.: Sono nato come autore, e mi sono imbattuto in squali del settore che proponevano un contratto col quale, a solo 1.000, 2.000 o anche 10.000 euro – non sto scherzando, mi hanno chiesto 10.000 euro per stampare 2.000 copie, la gran parte delle quali avrebbero di certo mandato al macero! – avrei potuto avere il mio libro. All’epoca non esisteva il self publishing, di cui potremmo dire molte cose nel bene e nel male, ma non è questa la sede. Comunque ho deciso che dovevo fare qualcosa per far capire ai nuovi autori che la pubblicazione è un premio per la loro capacità di scrivere. Sembra un discorso che ghettizza una fetta di scrittori, ma alla fine il lettore è confuso. E lo capisco! Un tempo l’editore pubblicava un libro che riteneva meritevole di essere diffuso al pubblico. Oggi un libro pubblicato da una casa editrice non è più una garanzia, perché gran parte delle case editrici piccole e anche medie, purtroppo si fanno pagare per la pubblicazione. L’aggravante in questa aberrazione editoriale sta nel fatto che molti neanche svolgono una misera correzione di bozze – non pretendo che facciano un editing, non sia mai! . Sono gli abomini dell’editoria, per ricollegarsi a Dysangelium! Quindi, mi domando, come fa un lettore a capire se il libro effettivamente vale? Solo dalle case editrici NO EAP, che non pubblicano a pagamento, quindi scommettono sull’autore che deve essere bravo e lo aiutano in primis con un editing fatto bene, per proporre un libro quanto più possibile impeccabile.

G.G.: Ho visto che in molte pubblicazioni della tua casa editrice sono presenti disegni molto belli, che si integrano magistralmente nella storia e a mio avviso danno valore alla pubblicazione. Da dove ti è venuta l’idea di inserirli?

S.C.: Le Edizioni Horti di Giano cercano di trasmettere l’idea di Arte, quindi serve una via della Comunicazione che sia efficace, e se la parola viene accompagnata, mediata dall’immagine, può diventare più immediata e fermare la parola in un’icona.

G.G.: Ci sono altre opere di Simone Colaiacomo in arrivo? E in caso di risposta affermativa, possiamo avere una piccola anticipazione sugli argomenti?

S.C.: Non smetterò mai di scrivere! Dovrebbero rinchiudermi in quattro mura, incatenato e in privazione di contatto alcuno. E forse continuerei a scrivere nella mia mente e raccontarmi la mia fantasia! Sì, sto scrivendo un nuovo romanzo che sarà il seguito di Nostra Signora delle Ceneri, dal quale sta per nascere una vera e propria saga. Non posso dire altro, ma se riuscirò a rispettare i tempi, dovrebbe uscire a fine 2020.

G.G.: Possiamo sperare in un seguito del tuo romanzo? La lettura è stata avvincente, viene voglia proprio di sapere se ci sarà un seguito.

S.C.: Non vorrei deludere i lettori, ma Dysangelium è stata una perla nera e non credo scriverò un seguito. È stata una sperimentazione figlia di un momento – iniziata otto anni fa ma la maggior parte l’ho scritta nell’estate del 2019 -. Poi, come detto ho in programma molti libri già teorizzati nella mia mente sul filone dell’Urban Fantasy occulto.

G.G.: Ti ringrazio per la tua disponibilità, e ti auguro un futuro di successi. Il più grande successo però è fare con passione quello in cui ci si impegna, e per questo ti auguro che la passione possa ispirare tutti i tuoi prossimi progetti.

S.C.: Sono io a ringraziare te, Giovanni, per me poter parlare liberamente è cosa preziosa, e parlo molto degli altri e sempre troppo poco di quello che faccio e che sento il bisogno di trasmettere. Spero che le mie parole possano essere spunti di riflessione. E grazie per le domande interessantissime!

G.G.: Non vedo l’ora di intervistarti per un altro tuo lavoro. A presto.

S.C.: Buona lettura, e sappiate sempre ricercare il bello in un libro, e se posso, non fermatevi a soppesare solo il nome dell’autore. Le emozioni sono ovunque, lasciamoci trasportare senza esitazione.

 

Dopo questa intervista a Simone Colaiacomo, ci auguriamo che Dysangelium possa ispirare i lettori di Horti di Giano ad avere riguardo di questo nostro pianeta.

Buona lettura di questo post-apocalittico scritto per #SalvareLaTerra!

 

Intervista di Giovanni Galasso

 

Cosa aspetti a scaricare l’omaggio che ti attende? Potrai leggere “Nostra Signora delle Ceneri”, l’altro romanzo di Simone Colaiacomo!

 

 

 

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