Può uno scrittore saper descrivere i risvolti oscuri della narrativa noir e al contempo avere un Blog sulla Paposità?

Ci si attende, di solito, che un lato oscuro diventi preponderante in uno scrittore di thriller, horror, noir, di gialli o romanzi gotici. Invece a volte si rimane stupiti, poiché può emergere un lato diametralmente opposto a quello che un autore mostra nelle storie che racconta ai suoi lettori.

Questo è il caso di Roberto Monti, che nell’estate del 2019 è approdato nel mondo editoriale con il romanzo BLUE ROOM HOTEL.

In esclusiva per i lettori del blog letterario Horti di Giano, l’intervista a tutto tondo allo scrittore Roberto Monti.

S.C.: Buongiorno Roberto!

R.M.: Ciao Simone, un saluto a te e a tutti i lettori di Horti di Giano!

S.C.: Roberto, tu sei l’autore che, con il suo romanzo d’esordio intitolato Blue Room Hotel, ha dato forma a un universo parallelo,  chiamiamolo così, incastonato,  come accade con le più famose città della letteratura noir metropolitana – e cito la Marsiglia di Jean-Claude Izzo oppure la New York di Ed McBain o ancora, che dire! James Ellroy con la sua Los Angeles –  in un’ambientazione corrotta, oscura, le cui dinamiche sono celate ai più. Al contempo, ricorda i graphic novel in stile Gotham City o Sin City.  Nonostante sia la tua Tap Town una città di fantasia, quanto del vero che ci tocca nella quotidianità ti ha ispirato?

R.M.: Gli accostamenti mi lusingano, grazie. Il lavoro di uno scrittore è in parte quello di assorbire dalla realtà, dalla quotidianità, rielaborarla e creare un immaginario che sia il più vero possibile, affinché il lettore ci si immedesimi. Ho imparato, purtroppo, che nulla è mai come sembra nella vita e nelle interazioni fra le persone. Questa mia esperienza l’ho quindi messa a frutto nel realizzare Tap Town. Beh, poi la fantasia gioca sempre un ruolo fondamentale in questo processo, non dimentichiamolo.

S.C.: Scrivere un libro e pubblicarlo è da sempre una cosa particolare e non replicabile nelle dinamiche emotive. Mi verrebbe da paragonarla con le dovute distanze, alla nascita di un figlio. Richiede tante energie, tempo, dedizione, e la carica emotiva da dedicarci è veramente tanta. Naturalmente alla fine restituisce tutto, soddisfazione e gioia. Raccontaci delle tue esperienze di pubblicazione?

R.M.: Negli anni che hanno preceduto l’approdare alla mia prima casa editrice, ho pubblicato alcuni testi come indipendente, ma ciò che ho vissuto allora non è davvero paragonabile a questo momento. Con la mia Casa di Bob, ma anche con Blue Room Hotel autopubblicato un anno e mezzo fa, ho seguito ogni aspetto indispensabile a realizzare un libro e credo quindi di essere arrivato piuttosto stanco al momento della messa in vendita, al punto da non essermi goduto le gioie dell’uscita. Come vi dicevo, invece, con l’attuale Blue Room Hotel, tutto è stato diverso.

S.C.: La presenza di un editore serio può fare la differenza, anche se bisogna fare attenzione poiché in molti utilizzano l’escamotage del far acquistare copie on-demand agli autori con scuse varie, per assicurarsi un guadagno anticipato su chi invece dovrebbe avere un ritorno dalla propria opera d’ingegno. Altri chiedono direttamente dei soldi allo scrittore, almeno non usano trucchetti, ti dicono di pagare e finisce lì, pur essendo assurda a mio avviso come dinamica, irrispettosa nei confronti dell’autore e del suo lavoro. Dicci la tua esperienza.

R.M.: Con Blue Room Hotel ho avuto la possibilità di essere seguito da una casa editrice che, con esperienza, è riuscita a donare maggior valore al mio romanzo. Voglio raccontare un piccolo aneddoto al riguardo. Sono venuto a conoscenza del loro interesse all’inizio di marzo scorso quando invece mi avevano già contattato a dicembre 2018. Il destino ha voluto che mi accorgessi del loro messaggio su Messanger tre mesi dopo, perché ho aggiornato l’App per caso. Insomma, se non avessi dovuto cambiare il cellullare, non avrei mai letto del loro interessamento. Come si dice, quando il destino…

S.C.: Doveva essere così!  Hai fato quindi un percorso da autore indipendente attraverso il Selfpublishing.

R.M.: Sì, autopubblico le mie opere da quando ho 18 anni, mi stampavo i libri o i brani rap direttamente dal mio computer. La strada dell’autopubblicazione ha sempre avuto un significato formativo per me, poiché ho ricercato quella via che dimostrasse il principio che, chi cerca di fare il proprio meglio con i mezzi che ha a disposizione, alla fine, presto o tardi, raggiunge l’obbiettivo. Comunque ci si è messo dell’impegno e alla fine si tireranno le somme: se ciò che si è fatto lo dovesse notare qualcuno, significa che il percorso preso è stato quello giusto, dando i suoi frutti.

S.C.: Vorrei evidenziare ai lettori di Horti di Giano una tua caratteristica unica, a dir poco bizzarra. Carica di sfumature che formano e rafforzano lo spirito e l’intelletto: sei uno scrittore noir, come già detto, ma al contempo hai un tuo blog che parla di bambini e paternità. È uno sdoppiamento piuttosto particolare, direi!

R.M.: Sì, insolito, lo riconosco. Ho un blog che si chiama Papà in Fasce e parlo di “Paposità”. Da un anno e mezzo circa sono diventato papà di Isabella e, insieme a mia moglie ho avviato questo blog nel quale racconto le mie ordinarie avventure di papà, e lo vivo nella magia della quotidianità di un’esperienza unica e irripetibile. Ognuno vive a modo suo tale ricchezza e diversamente con ogni figlio. Abbiamo voluto creare questa sorta di diario di esperienze di vita in cui la mia famiglia è attrice e regista.

S.C.: Ora devi raccontarmi come è nata questa idea.

R.M.: L’idea di Papà in Fasce è arrivata durante un pranzo in famiglia. Mia moglie e io stavamo chiacchierando come sempre di varie cose. Lei era al secondo mese di gravidanza e le stavo parlando di quanto avrei voluto aprire un blog, cosa mai avviata però, visto che non riuscivo a trovare un focus che mi interessasse al punto da scriverne quotidianamente. L’arrivo di Isabella e le nostre sicure e future avventure invece si sono rivelate lo stimolo giusto attraverso il quale fermare nel tempo la vita di mia figlia, di mia moglie e la mia, ovviamente.

S.C.: La libertà di esprimersi con le parole a volte crea delle magie. Tu hai inventato un neologismo fantastico e carico di simbolismo, nonché rappresentativo di stati d’animo, di emozioni, di un attaccamento ai figli: Paposità.

R.M.: La Paposità, come la chiamo io, è un dono infinito che un uomo riceve nel momento in cui diventa genitore. Ogni padre dovrebbe cercare sempre di conoscere e saper gestire al meglio i molteplici segreti di questa misteriosa forza. Non voglio con questo insegnare niente a nessuno, ci mancherebbe, vivo questa esperienza in condivisione per testimoniare la mia esperienza. Ognuno cresce i propri figli come meglio crede, alla fine.

S.C.: Con questo tuo sdoppiamento letterario, mi fai pensare a un personaggio dei fumetti, di giorno papà tutto fare e di notte che percorri le strade oscure della città in cerca dei malfattori. Mentre i vissuti di padre, in linea di massima, li vivono in molti, indossare i panni del fantasista noir non è banale. Scrivere, di suo, non è cosa scontata. Mi domando quando hai preso coscienza della tua dimensione noir.

R.M.: Il mio spirito noir ha origini che si rifanno a diversi anni fa. Il passaggio dal sentirla dentro al metterla su carta è cosa più recente. Ho dovuto lavorare sull’uso dei termini, dello stile di scrittura, della tecnica da utilizzare. Mentre Papà in Fasce è quasi puro istinto, il romanzo noir – comunque il romanzo in generale – richiede un lavoro di fino. Nello scrivere Blue Room Hotel ho dovuto organizzare la visione di un mondo sconosciuto a tutti tranne che a me, e renderlo pubblico, per far immergere il lettore nelle dinamiche dei vicoli oscuri e pericolosi di Tap Town.

S.C.: Come è nata questa città, Tap Town? Hai ricevuto l’ispirazione da scrittori famosi che hai letto o è nata dal tuo profondo?

R.M.: Non mi sono seduto a tavolino con in mente di scrivere un noir. Creare Tap Town e i personaggi che la abitano è venuto in modo spontaneo. Sicuramente il mio bagaglio di letture e di film ha influito molto nel processi creativi e decisionali. Sai, amo leggere il testo a posteriori e riconoscerne i mattoni su cui ho edificato un mio libro. Nel caso di Blue Room Hotel, la somma di questi elementi mi ha portato al genere noir. E devo dire che mi trovo a mio agio a camminare sulla sottile linea che demarca il bene dal male.

S.C.: Entriamo un po’ più nello specifico di Blue Room Hotel. Si parla di una lotta tra l’egemonia di una potenza editoriale che ha corrotto le istituzioni per impedire la diffusione dei libri cartacei, a favore della distribuzione degli eBook, di cui ne ha il monopolio cittadino.

R.M.: Sì, ho cercato di mettere in evidenza la “rivalità”, passami il termine, tra carta e digitale, visto lo spazio che quest’ultimo si sta prendendo giorno dopo giorno. Ho così inserito in una città dalle estremizzazioni ben marcate, personaggi come l’ex editore divenuto un senza tetto dopo l’emendamento del sindaco che vietava i cartacei a Tap Town, il giovane scrittore in cerca di gloria, il ricco e spietato imprenditore, il poliziotto corrotto, il sicario senza un passato ed ecco il noir che avevo immaginato di scrivere!

S.C.: Si dice che esista una stanza nel Blue Room Hotel dove tutto può accadere e dentro cui regna il silenzio e l’anonimato…

R.M.: La Stanza 14. Non posso svelare nulla, molte cose le ignoro io stesso, non è dato parlarne. Bisogna vivere l’esperienza di entrare nel Blue Room Hotel e percorrere i suoi corridoi, accettando il rischio di entrare persino nelle sue stanze. Ma la Stanza 14 la sconsiglierei a tutti, anche al mio peggior nemico!

S.C.: Non ci resta altro che percorrere queste vie oscure e misteriose di Tap Town, alla ricerca di questo albergo dove tutto è celato: il Blue Room HotelGrazie a Roberto Monti per aver condiviso con i lettori di Horti di Giano il mondo della sua fantasia.

R.M.: Grazie a voi e buona lettura!

Intervista di Simone Colaiacomo

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Non crederai ancora alla storia dei cadaveri del Blue Room Hotel […] Se vivi per strada sai benissimo di doverti guardare le spalle in ogni momento… tutti girano nel nostro mondo con un buon motivo scritto sulla fronte per essere uccisi.

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