Il 14 novembre si è svolta una delle più importanti festività indiane: Diwali, chiamata anche Dipavali o Deepawali.
Simboleggia la vittoria del bene sul male ed è chiamata “festa della luce”:
durante la festa si usa infatti accendere delle luci (candele e lampade tradizionali chiamate diya).
In molte aree dell’India i festeggiamenti prevedono spettacoli pirotecnici.
Per induisti e giainisti è la celebrazione della vita e l’occasione per rinsaldare i legami con familiari e amici. Per i giainisti, inoltre, rappresenta l’inizio dell’anno.
Questa festa Indiana si può associare alla celebrazione cristiana di Santa Lucia (da Lux – Luce, in latino).
La memoria liturgica di Santa Lucia ricorre il 13 dicembre.
Antecedentemente all’introduzione del calendario gregoriano (1582), la festa cadeva in prossimità del solstizio d’inverno (da qui il detto “santa Lucia il giorno più corto che ci sia”), ma non coincise più con l’adozione del nuovo calendario per una differenza di 10 giorni.
La celebrazione della festa in un giorno vicino al solstizio d’inverno è probabilmente dovuta anche alla volontà di sostituire antiche feste popolari che celebrano la luce e si festeggiano nello stesso periodo nell’emisfero nord.
Altre tradizioni religiose festeggiano la luce in periodi vicini al solstizio d’inverno come ad esempio la festa di Hanukkah ebraica, che dura otto giorni come le celebrazioni per la santa a Siracusa, o la festa di Diwali celebrata in India.
Il culto di santa Lucia inoltre presenta diverse affinità con il culto di Artemide, l’antica divinità greca venerata a Siracusa nell’isola di Ortigia.
Artemide è inoltre vista anche come dea della luce mentre stringe in mano due torce accese e fiammeggianti.
Mentre l’anno volge al termine, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno del Solstizio invernale, il 21 dicembre.
II respiro della natura è sospeso, nell’attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi.
È uno dei momenti di passaggio dell’anno, forse il più drammatico e paradossale: l’oscurità regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali.
Dopo il Solstizio, la notte più lunga dell’anno, le giornate ricominciano poco alla volta ad allungarsi.
Come tutti i momenti di passaggio, Yule è un periodo carico di valenze simboliche e magiche, dominato da miti e simboli provenienti da un passato lontanissimo.
Il Natale è la versione cristiana della rinascita del sole, fissato secondo la tradizione al 25 dicembre dal papa Giulio I (337 -352) per il duplice scopo di celebrare Gesù Cristo come “Sole di giustizia” e creare una celebrazione alternativa alla più popolare festa pagana.
Sin dai tempi antichi, dalla Siberia alle Isole Britanniche, passando per l’Europa Centrale e il Mediterraneo, era tutto un fiorire di riti e cosmogonie che celebravano le nozze fatali della notte più lunga col giorno più breve.
Presso i celti era in uso un rito in cui le donne attendevano, immerse nell’oscurità, l’arrivo della luce-candela portata dagli uomini con cui veniva acceso il fuoco, per poi festeggiare tutti insieme la luce intorno al fuoco.
Yule, o Farlas, è insieme festa di morte, trasformazione e rinascita.
Tutte le tradizioni religiose, a partire da quelle più antiche, celebrano la Luce durante il periodo di passaggio tra l’oscurità e il suo ritorno, simboleggiato dal solstizio d’inverno.
È fondamentale a questo punto comprendere come tale rinascita solare rappresenti “solo” il simbolo di una rigenerazione cosmica, in cui il Sole e la Luce sono associati all’idea d’immortalità dell’uomo, che opera la sua seconda nascita spirituale, sviluppando e superando il proprio stato sottile, nella notte del solstizio d’inverno, quando è possibile accedere al deva-yana o “via degli dei” della tradizione indù.
Il Solstizio d’Inverno corrisponde, invece, in senso microcosmico, alla presa di coscienza della vera spiritualità, in quanto uscita nella luce.
Durante questo processo la comprensione esoterica può essere visualizzata come un’illuminazione riflessa che rischiara il buio della caverna:
un fascio di luce che penetra da un’apertura nel tetto della caverna e che genera quell’illuminazione di riflesso, descritta anche dal mito della caverna sacra di Platone e la cui fonte è il “Sole Intelleggibile”.
Nell’ordine microcosmico, per quanto concerne l’organismo sottile individuale, tale apertura corrisponde al centro energetico che si trova sulla sommità del capo: il chakra della corona, il kether della Sefiroth.
Esso rappresenta il settimo livello del sistema dei chakra e corrisponde a ciò che nella Cristianità viene indicato come il settimo cielo.
È lo stato di consapevolezza della libertà assoluta, la sede del Creatore.
Quindi, per concludere, la festa del Sole, la Festa della Luce, dell’illuminazione e dell’immortalità umana in quanto essenza di Luce, quel pezzetto di Luce che è in ognuno di noi.
Dai tempi dei tempi celebriamo questa festa come una delle più importanti perché continuiamo a sentire il nostro legame con la Luce, alla quale tornerà, inevitabilmente, ogni Anima.
Buona Festa della Luce a tutti.
di Chiara Cicconi
Chiara Cicconi ha pubblicato il libro Luce, un’autobiografia sulla sua esperienza di premorte e racchiude il significato dell’essenza della vita.
Se ti è piaciuto il suo articolo sulla Festa della Luce, prendi la tua copia del libro per conoscere il suo messaggio di speranza!
Buona lettura del libro Luce di Chiara Cicconi!
Puoi leggere l’intervista rilasciata da Chiara Cicconi al link seguente: