È stata la mano di Dio, di Paolo Sorrentino, è qualcosa di diverso.
Uscito da pochi giorni al cinema e poi su Netflix, questo film si discosta dalle pellicole a cui il regista partenopeo ci ha abituati.
Raccontare della propria città non è sempre cosa semplice.
È stata la mano di Dio questo fa.
Spesso capita di mischiare inevitabilmente i fatti alle emozioni. Questo non è un male, ci mancherebbe.
Ciò fa sì che si crei un amalgama di dinamiche che rende unico quanto narrato.
Ho avuto il piacere di guardare l’ultimo film di Paolo Sorrentino: È stata la mano di Dio.
Per chi fosse abituato a seguire il regista troverà di certo qualcosa di diverso rispetto agli altri suoi film.
Questo qualcosa sta proprio nel quadro personale della pellicola.
Le immagini visionarie che, come dipinti, arricchiscono le pellicole sorrentiniane, in È stata la mano di Dio vengono in parte sostituite dalla città stessa che, di tanto in tanto, riappare come un retroscena che contorna la storia, comunque viva, comunque partecipe.
Ma non solo la città: anche i volti delle persone “normali” sono quadri.
Questi li guardi e danno forma a melodie.
Altro aspetto è la musica, che sta nella testa del protagonista e non nelle orecchie dello spettatore, perché il ragazzo, che rappresenta il regista da giovane, ha sempre al collo quelle ingombranti cuffie ad archetto che andavano negli anni ’80.
Quindi la colonna sonora scorre in quel walkman che i più giovani non conoscono, ma che è stato di grande compagnia per chi, quegli anni, li ha vissuti.
Un film diverso, da vedere con occhi diversi, quelli intimi del regista e, di rimbalzo, di tutti coloro che vivono e hanno vissuto Napoli.
Perché è la caratterizzazione locale che fa da perno alla storia scritta in È stata la mano di Dio e che può giungere, allora, a tutti.
Qui vorrei creare un ponte con un libro uscito qualche mese fa, Tutto cambia. Il setaccio dell’anima di Leonardo Ragozzino, anche lui autore partenopeo, anche lui trasferitosi poi a Roma.
Tutto cambia quando si è in un caleidoscopio di emozioni.
Emozioni che raccontano eventi che hanno caratterizzato la nostra Italia negli ultimi 50 anni.
Ma non è solo storia, non è soltanto un saggio sociologico: è soprattutto un’autobiografia che ha saputo proporre con dovizia eventi vissuti da un bambino prima, da un giovanotto poi, e un adolescente e poi un uomo, partendo dalla Napoli in cui l’autore è nato, fino a Ostia, su quel mare romano che lo ha accolto allora come fa oggi.
In fin dei conti, bisogna sentirsi a casa propria per essere parte integrante di ciò che ci circonda.
Incredibile è ritrovare una serie di similitudini che mi fanno pensare al fatto che certi eventi particolari, quando vissuti, diventano come un legame sinaptico tra le persone.
Il più caratteristico e, forse, comprensibile da parte di chiunque, è stato l’avvento di Maradona a Napoli – perché di un vero e proprio Avvento si trattò per i partenopei –; il suo arrivo ha rappresentato una unità di pensiero.
E sentir parlare gli attori di certi risvolti, che possiamo leggere dalle parole e dai ricordi di Ragozzino, dimostra proprio di come il pensiero dei napoletani sia stato, e sia ancor oggi nei confronti del Pibe de Oro, lo stesso, immutabile, incondizionabile.
Leggendo Tutto cambia. Il setaccio dell’anima troverete scene in cui, dal balcone di casa si vedeva lo stadio San Paolo e l’aria si riempiva delle voci dei tifosi.
Respirando un’atmosfera di gioia e attesa, ci si immergerà nella divinizzazione di un simbolo.
Si vivranno scene familiari come la preparazione della passata di pomodoro.
Si incontrerà il munaciello, simbolo folkloristico della città.
Questi sono solo alcuni spunti interessanti, ma il libro di Leonardo Ragozzino è come un film da vivere, dove le emozioni ti coinvolgeranno, talvolta ti travolgeranno.
Soprattutto, leggere un libro come Tutto cambia. Il setaccio dell’anima, così come vedere un film come È stata la mano di Dio, pone lo spettatore davanti a parole e a immagini che estendono le sinapsi di un’Italia che ha vissuto esperienze che ci hanno segnato e che portiamo dentro di noi.
Un bagaglio da portarci dietro, in quella valigia che sempre ci segue, ovunque andiamo, da cui è vietato separarsi.
E forse è impossibile farlo.
Perché, in fin dei conti, c’è in ognuno di noi, a prescindere da dove siamo nati e dove abbiamo vissuto, una sorta di colonna sonora che dice…
Napule è mille culure, Napule è mille paure
Napule è a voce de’ creature
che saglie chianu chianu
E tu sai ca nun si sule.
di Simone Colaiacomo
Prendi la tua copia di Tutto cambia. Il setaccio dell’anima
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